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Storia di Amaroni

"Amaroni è un piccolo paese della provincia di Catanzaro, esso ha origini antichissime, fu abitato fin dall’antica preistoria, come dimostrano i reperti esposti al museo di Catanzaro. Gli uomini preistorici, si stanziarono lungo le rive del fiume Alessi, chiamato anticamente in greco KARKINOS, alcuni noti archeologi tra cui il Lenormant sono concordi  nell’ affermare che lungo le sue rive sorgeva l’ antica città greca di KARKINOS,  identificata con majurizzoni. Secondo l’archeologo e scrittore Lenormant Amaroni e tutta la Serralta di San Vito rappresentano la parte più stretta dell’istimo che è la porta dell’ultimo tratto del prolungamento della penisola italiana verso mezzogiorno, in quel tratto che esso da solo portava il nome d’Italia, e in cui finiva l’Enotria.
Gli amaronesi discendono dagli abitanti del vecchio paese, denominato Majurizzuni o “Monte Incantato” che deriverebbe da “Maju”- sambuco e “Rizuni” – grossa radice.
Il nome Majurizzuni, anticamente “Majorizonis”, era il borgo che vi sorgeva su un originario sito abitato da popolazioni autoctone, fondato nel VI secolo in località San Luca. In queste località ancora oggi si possono trovare oggetti in terra cotta, utensili e sarcofaghi interi. Probabilmente i primi insediamenti furono dovuti a gente che dalle zone marinare cercava di proteggersi dagli attacchi dei saraceni e predoni, o, a monaci basiliani, che, a causa dell’iconoclastia, furono costretti a fuggire da terre come la Siria, la Palestina e l’Egitto e ripararsi su luoghi che assicurassero maggiore protezione. Majurizzoni sorge a circa un km dall’ abitato odierno. Numerosi ritrovamenti archeologici stanno comunque a testimoniare l’antico passato di Majurizzuni.
Le origini Magno Greche di Amaroni sono confermate dalla forte presenza di vocaboli dialettali , i termini più utilizzati, sono: “grupu” (buco), “fanò” (abbaino), “catarrattu” (apertura del pavimento verso il basso), “Holea” (nido di uccelli), “scifu” (recipiente in cui si versa il cibo per i maiali), “cianamidi”, (tegola).
Sull’origine di Amaroni, sono state fatte varie interpretazioni, secondo alcuni studiosi Amaroni è un paese di origine medievale situato su un colle boscoso del versante ionico.
Il suo nome “Amaronum” non derivava dal greco “oscuro, cupo ombroso” o da una città greca, che sorgeva poco distante, chiamata Majurizzuni, ma da “Amarus”, nome di persona con suffisso “oni”, formazione da interpretare come i “discendenti di Amarus abitanti quel luogo.
Secondo gli anziani il nome Amaroni scaturì dalla fusione di due famiglie Amari, e Moroni che in quel tempo si contendevano il potere su Majurizzuni, che, secondo la leggenda fu devastato da un violento temporale, e che i superstiti, spogliati di ogni bene, al grido di “Amari nui” si accamparono alla meno peggio dove sorge ora l’attuale paese.
Delle due famiglie sappiamo che i Maroniti arrivavano probabilmente dall’Oriente mentre dubbia è l’origine degli Amari.  Amari deriva da “Amarus” (terre amare), in età neolitica così venivano chiamati i villaggi costruiti su zone paludose. Majurizzuni infatti sorgeva su una piena alluvionale in cui ancora oggi si formano acquitrini, ed è proprio a causa di questa sua precaria situazione che fu distrutta da una pioggia torrenziale che costrinse la popolazione a spostarsi nell’attuale paese.
Secondo la tradizione, il paese e il popolo dei Maroniti avrebbero acquisito il loro nome dal monaco Morone o Marone, patriarca del Libano, della Siria, del popolo Hittemeronita, nonché abate di San Nicola dei Maioli la cui Abbazia fu distrutta nel 1783. Le primitive notizie lo ricordano come casale di Squillace, di cui seguì le vicende. Sottostando agli stessi dominatori, da Giovanni di Montfort alla famiglia Mazzano (1314) ai D’Aragona (1464) ai Borgia, cui appartenne dal 1494 alla prima metà del secolo XVIII, allorché venne infeudato ai De Gregorio, che lo tennero fino al 1806.
Secondo il prof. Raffaele Aversa,  gli Amaroniti formavano, insieme ad altre stirpi, le popolazioni ebraiche della Palestina. Questi, da quel che si sa, erano un popolo guerriero, agile, forte, fedele ai propri comandanti e ancora oggi esiste in Palestina una comunità cristiana chiamata, “Maruniti”.
Molto probabilmente, le popolazioni autoctone che abitavano quella zona  facevano parte degli Enotri (coltivatori della vita) o Itali (allevatori di vitelli).
In Calabria del resto giungeva gente disperata in cerca di un futuro migliore ma è improbabile che questa gente, in pochi anni, avesse potuto costruire e popolare città in grado di superare per splendore le città Greche.
Addirittura, nel terzo millennio A.C. sui monti della Calabria Ionica, vi sono segni di una civiltà neolitica.  Alla caduta dell’Impero Romano D’Occidente (476) le terre dell’odierna Amaroni insieme alle altre della regione furono conquistate dai Visigoti, all’epoca delle guerre gotiche queste terre furono annesse all’Impero Romano d’Oriente. In seguito arrivarono i Saraceni che sembra abbiamo lasciato segni della loro presenza in Amaroni, infatti il paese fu dimora per una colonia di mercenari mori fatti venire come guardie personali di un principe di Amaroni.
Ancora oggi molti tratti degli Amaronesi richiamano alla memoria i segni dell’appartenenza al mondo arabo. A sostegno di questa tesi vi sono gli studi del professore francese Marzial il quale adduce, che: “gli Amaronesi, siano stati una colonia dei pirati tenuti nascosti dal principe di Squillace, come sicari, nel periodo delle lotte feudali questi giovani erano molto coraggiosi e proteggevano il principe di Amaroni, nella lotta contro il feudalesimo”.
Intorno all’anno mille Amaroni vedrà l’arrivo dei Normanni, e sempre questo periodo fu anche la nascita di molti luoghi religiosi come S. Maria de Reto (Rito), S. Maria de Buttadi, San Luca e Santa Maria de Plano. Nel 1194 il paese vide il dominio Svevo, nel 1265 quello Angioino, nel 1282 vi furono le guerre del Vespro, nel 1442 l’avvento della potenza Aragonese; nel 1503 si passò direttamente sotto la Corona Spagnola Sotto il Regno delle due Sicilie, tra il 1500 e il 1600 ad Amaroni sorsero altri luoghi di culto come la Chiesa di S. Venere e S. Girolamo.
Nel 1783 Amaroni fu colpita da un terrificante terremoto che, Secondo Vivenzio: “fu un vero e proprio colpo di grazia per tutti i paesi della zona”.
Amaroni fu distrutta quasi completamente, la stima dei danni fu valutata in 60 mila ducati.  Si costituì, per volere di Ferdinando IV, una Cassa Sacra che aboliva taluni monasteri o luoghi sacri, nel 1788 vennero sequestrati ad esempio i Beni della “Badia di S. Nicola dei Maioli”.
Nel Settecento Amaroni visse un secolo di avvenimenti importanti, a cui si aggiunge, la lotta dei nobili che assaltarono i beni della chiesa creando odiosi rancori con la classe lavoratrice. Nel 1799, ma non a lungo, Amaroni fece parte della Repubblica Partenopea.
Ad ogni modo nessuno, nemmeno i più fedeli ai Borboni, poteva giungere a prevedere che si stava vivendo la vigilia di una guerra disastrosa e che si stavano ponendo le premesse dell’invasione del Regno e della fuga della Corte di Sicilia.
In Calabria il movimento repubblicano fu più pronto nei paesi della Calabria Citeriore; tutti i centri più grossi e attivi piantarono l’albero della libertà ed istituirono le municipalità, seguendo i primi dispacci provenienti da Napoli.
Al contrario, come attesta Gaetano Cingari,  nei paesi della Calabria Ultra, tra cui, Amaroni, il moto di democratizzazione procedette con maggiore lentezza e fu discontinuo e parziale. I primi dell’Ottocento furono comunque anni difficili per la popolazione che vede il proprio paese distrutto, e che, assistette ad una scarsa produzione agricola ed olearia.
Con il ritorno all’ordinamento francese di Murat e Francesco Giuseppe nel 1806, Amaroni entrò a far parte del Governo di Squillace per costituirsi autonoma nel 1816, riportata a  frazione di Squillace nel 1833  riacquistò l’autonomia nel 1850. Miseria del popolo, arroganza dei notabili, sono tutti elementi che resero evidente la debolezza di un Regno, quello borbonico, profondamente arretrato.
Amaroni fu sotto i Borboni dal 1815 al 1861, uno Stato Borbonico che di fronte alla delinquenza del brigantaggio scelse la convivenza con esso anche se non mancarono azioni di contrasto da parte del governo.
Amaroni fu interessata al fenomeno del brigantaggio. Il brigantaggio fu un fenomeno diffuso in tutta Italia e soprattutto nel sud, dove il brigante poteva fuggire facilmente alla cattura della legge, grazie alle fosse e alle gole della montagna in un primo tempo. I briganti combatterono contro l’unità d’Italia e contro lo stesso governo borbonico e a loro si unirono gentiluomini e ufficiali.
Il brigante viene descritto “di giorno umile agnello e di notte lupo rapace è figlio naturale dell’oppressione secolare”.  Uomini assetati di sangue, violenti degni di qualsiasi azione barbara, non amavano la società, la città, ma bensì le campagne, erano uomini dediti all’indipendenza alla libertà, all’anarchia.
In Amaroni trovarono rifugio in una località in cui ancor oggi esiste un grosso macigno detto “Pietra dei briganti” sotto al quale vi trovavano riparo e sfuggivano alla giustizia. Sempre ad Amaroni tra il 1860 e il 1890 vi era un drappello di briganti di 65 elementi tutti della zona. Il brigante  Lagrotteria voleva fare una dimostrazione anarchica a Squillace, ma appurata la notizia, il vescovo lo convocò e lo convinse a desistere. Lo stesso brigante fu poi ucciso da un suo caro amico per il desiderio di riscuotere la taglia.
E’ un periodo difficile questo per la comunità di Amaroni che non ebbe la forza per gridare tutto il suo disagio. Paradossalmente, però, tutto questo permise la nascita dell’Amaroni “moderna”, quella che con le sue caratteristiche e le su contraddizioni esiste ancora oggi. Bisogna poi tenere conto del fatto che gli anni del Risorgimento, portarono il paese a far parte, dal 1861 in poi al Regno d’Italia sotto i Savoia. Scrive Rosanò che:“ negli anni rivoluzionari del 1848 si formò una setta denominata Gioventù Italica e Fratellanza che riuscì a raccogliere molti adepti”.
Questa setta preparò l’insurrezione popolare, riuscì ad organizzare la spedizione di un corpo di volontari per il campo insurrezionale di Filadelfia dove insieme alle armate rivoluzionarie della provincia di Catanzaro, avrebbe dovuto ostacolare l’ esercito borbonico. Per ciò che concerne il fenomeno del brigantaggio pre-unitario non vengono elencati, nelle bande dei briganti che imperversavano nel territorio, nomi di amaronesi eccetto il Lagrotteria. Durante il Plebiscito “per l’ammissione al Regno d’Italia i risultati per Amaroni furono 323 SI e nessun NO su un totale di 27.703 voti positivi complessivi di tutto il distretto di Catanzaro”. Da alcuni documenti, reperibili nell’archivio di Stato di Catanzaro, si evince come dopo l’Unità d’Italia la gente chiedeva pressante un equa divisione delle terre e una più solida giustizia sociale.
Al seguito di Garibaldi, parteciparono alla spedizione dei Mille, gli Amaronesi Raffaele e Venanzio Ciampa.  Spesso però il nuovo Regno allestì sempre più processi, rese obbligatorio il sevizio militare e aumentò le tasse; questi furono motivi che portarono ad una riesplosione del Brigantaggio. Nel 1863 vi è notizia di un certo Antonio Ajello che insieme al cognato Luigi Ajello cospirarono contro il neonato Regno d’Italia.

PALAZZO CANALE

Tra i beni storico – culturali di Amaroni oltre alla Chiesa Matrice di Santa Barbara è da ricordare il “ Palazzo Canale” costruito dal principe De Gregorio nel 1666.
Fu consegnato alla famiglia Canale, per ragioni di eredità, che lo abitò fino al 1905.
Annota il prof. Mario Truglia: “ occupa una superficie di 760 mq e misura in lunghezza 38m e 20m in larghezza. Al piano terra sul lato nord ovest esistono cinque ampi magazzini. Al primo piano ci sono tre stanze sul lato nord detto “scivolata”, e tre stanze sul lato ovest.  Il secondo piano si compone di dieci stanze. Il pavimento di alcune di esse è in cemento liscio, con disegni incisi, raffigurati quadrati e rettangoli; quello delle altre stanze è in mattoni di terracotta. Il soffitto è pitturato  con sfondo bianco e nel centro sono disegnate figure di donne dell’ epoca. I balconi sono in ferro battuto. Il cornicione è in pietra e lo stemma posto all’ entrata dell’ edificio raffigura un tulipano”. Il tulipano era il fiore preferito dalle famiglie nobili. Esso poggia sopra una roccia e non ha fondamenta, il tetto è fatto di tegole in stile antico, il suo cornicione è in pietra intagliata a zigzag. Le porte erano in legno di castagno costruiti da mano d’ opera amaronese, pitturate in colore nero e raffiguranti gendarmi in stato di guerra. Oggi dopo, molti anni di abbandono è divenuto un imponente palazzo ove ha sede il Municipio.

ABBATIE E CHIESE IN AMARONI

I Basiliani erano monaci orientali che si ispiravanoallaregola di San Basilio,arcivescovo di Capadocia,questi ebbero grande importanza anche in occidente nel V e VI secolo ed ispirandosi alla regola di San Benedetto: “ora et labora”, coltivavano i campi, allevavano il bestiame e svolgevano attività artigianali. In effetti l’ Abbatia doveva essere autosufficiente dal punto di vista economico.  Quali e dove erano ubicate le “ ABBATIE” in AMARONI?

 BADIA DI S. LUCA

Su S. Luca, esiste ancora oggi in Amaroni un luogo nella montagna chiamato “ S. LUCA”.  Da un documento, risulta  che alla data del 1310 la Badia di S. Luca,  ha pagato “ tarì 5”, “ grani 5”, quali decime al Vaticano, come risulta al n° 3149 del volume di Domenico Vendola: Rationes Decimarum Italie nei secoli XII e XIV, Città del Vaticano 1939.

S.MARIA DE BUTTADE

Esiste ancora il toponimo; il luogo con il territorio di Girifalco, alcuni abitanti mi hanno indicato dove, secondo loro, da lontani racconti, esistevano alcuni ruderi. Il luogo si trova sulla parte sinistra della ex SS. 181 per Girifalco, all’ altezza dell’ agriturismo “ Arcobaleno”.

SANTA MARIA DE PLANO O PRATO

Secondo Il prof. Mario Truglia, dovrebbe trovarsi presso la contrada S. Maria a Sacchetta, sulla strada “fontana Divina”. Lo stesso professore , riferisce di aver trovato, da fanciullo, insieme a dei contadini resti mortali e delle pietre sepolcrali.

ABBATIA DI S. NICOLA DELLE MAGLIOLE E SAN LUCA

L’ Abbatia di S. Nicola delle Magliole dell’ ordine di San Basilio è situata sull’ altura del Vioterito ( Bioterito – Viteorito – vitaritu ). Qui visse per molti anni Luca di Melicuccà che, divenuto Vescovo di Isola per la sua vita e i suoi insegnamenti fu fatto Santo ed operò diversi miracoli in terra calabrese come: la pesca miracolosa (Sibari),  il campagnolo spergiuro, la casa liberata dal demonio, il lupo di Squillace, la pioggia benefica  MADONNA DEL FARO , l’ idropico di Seminara, il monaco di Placa, il miscredente di Galliano. Intorno a questa Abbatia ed alla morte di S. Luca, molto hanno discusso e scritto due insigni studiosi G. SCHIRO’ e PARISI. Il Martire, nella vita di S. LUCA,  CALABRIA SACRA E PROFANA riporta: <<quale sia detto monastero e quale detto monte non posso capirlo, sarà stato o verso il suo paese o verso le parti della città ove fu Vescovo. Tra le sei Badie che l’ Ughelli vi numera una è quella di S. NICOLA DE’ MIGLIOTA ( MIGLIOLE ), la quale fu monastero dei Basiliani e ritrovasi anche in quella campagna, un campo detto fiorito( fjuredha)>>.
Dagli scritti emerge che l’ABBATIA dell’ ORDINE DI SAN BASILIO titolata S. NICOLA è esistita, dobbiamo aggiungere l’ appellativo “ delle MAGLIOLE” e dalla documentazione è innegabile che l’ Abbatia di SAN NICOLA DELLE MAGLIOLE, fosse ubicata in Amaroni, e precisamente lungo la ex statale 181 per Girifalco, sulla sinistra del viaggiatore all’ altezza del ponte del fiume Ferrera, si notano i resti di una costruzione imponente e molto vasta: in alto, esiste ancora la chiesa annessa che, si crede, sia stata fatta costruire da San Luca e dove EGLI scelse di morire, nei pressi vi è il campo detto FIORITO ( FJUREDHA).
Questa costruzione, secondo chi scrive, corrisponde all’ ABBATIA di SAN NICOLA DELLE MAGLIOLE, ed è stata costruita in periodo bizantino.
Sulla destra, a circa un km, ai piedi di Maiurizzuni esiste un'altra località con ruderi denominata SAN NICOLA il Vecchio. Qui è stato trovato anni fa un sarcofago in pietra; forse il luogo era il cimitero dell’ antica Maiurizzuni. La chiesa di SAN NICOLA ( non abbatia ) dove molto presumibilmente scelse di morire il “ BEATO LUCA” e dal Santo fatta costruire, si trova in contrada SAN NICOLA ( fondo gestito dal sig. Marra ). Di questa chiesa ESISTE idonea documentazione.
Presso la contrada SAN NICOLA il Vecchio ( fondo gestito dal sig. Conte) esistono altri ruderi non identificati, che sia la chiesa di S. VENERIS?

CHIESA MATRICE SANTA BARBARA

Sulla costruzione della chiesa Matrice, i primi atti relativi alla sua edificazione risalgono al 1793 e sono disposti presso l’ Archivio di Stato di Catanzaro. Tali atti chiedevano un finanziamento per la ricostruzione della Chiesa Matrice che venne distrutta durante il terremoto del 28 marzo 1783. Sei anni dopo il terremoto la Chiesa venne  ricostruita in legno per poter assicurare il culto ai fedeli. Sebbene gli amaronesi non si trovassero in codizioni economiche tali per poter contribuire con del denaro  alla sua ricostruzione, non fecero, tuttavia, mancare materiale e manodopera. Si cominciò così l’ opera di restauro , grazie al progetto dell’ ingegnere Claudio Rocchi il quale giunto ad Amaroni nell’ ottobre del 1790, portò con se documenti recanti le firme dell’ allora sindaco Vito Muzzì, del Notaio Nicola Muzzì e dell’ economo Tommaso  Amerone.  Le parti in legno come la porta centrale e il frontespizio sono da annoverare a Laurenzio e Nunzio di Serra. La chiesa fu consacrata al culto dal Vescovo di Squillace, i suoi affreschi portano la firma del famoso pittore Zimmatore  Grillo di Pizzo Calabro. Le immagini della volta rappresentano il Battesimo di Gesù, S. Cecilia al piano, il sacrificio di Abramo, la Sacra Famiglia, S. Antonio, S. Barbara, S. Paolo e S. Pietro. Il tempio misura 28 metri in lunghezza, 22 in larghezza e 19 in altezza; la pianta ha forma rettangolare ed è divisa in tre navate. Alla chiesa si accede grazie ad una scalinata. Sul lato sinistro ci sono 39 colonne che funzionano da parapetto e portano alla navata laterale sinistra. Il portone centrale dà sulla piazza antistante ed è incorniciato da colonne in pietra scolpita. La facciata in intonaco liscio, vede posto, ad un altezza di 14 metri un cornicione in pietra. In alto è posta l’ effigie di S. Barbara in terracotta, collocata in una nicchia; sul lato destro troviamo la porta laterale da cui si accede alla navata, la porta è molto semplice, con piccole decorazioni e intagli. Alzando gli occhi si può osservare, il quadrante dell’ orologio, posto alla base della cuspide del campanile. Le due campane dell’ orologio sono collocate sulla parte superiore, sulle quali battono le ore, i due martelli dotati di meccanismi elettronici: l’ artefice di questo è  Giuseppe Muzzì. Le tre grosse campane principali, sono poste ad ovest, nord, e a sud sotto gli archi sovrastate dal maestoso campanile a forma di cupola, che è alto 24 metri.  All’ interno, la Navata centrale è divisa in tre parti da due muri, il soffitto è a volta, il pavimento è in graniglia. Il pulpito chiamato “ambone” è posto a sinistra, è in legno di noce intagliato dall’ artista Giovanni Versace. Gli intagli raffigurano la torre di  S. Barbara, la forma è esagonale e sopra, vi è il leggio rigorosamente di legno. Posto al centro vi è il dominante Altare a forma di mensa e retto da due lastroni in marmo. Poco distante, vi è il più imponente altare in pregiato marmo con testine di Angeli ai lati, e al centro vi è il Tabernacolo chiuso da una porta in oro lavorato a mano. In alto domina maestosa sulla chiesa, nella sua Chiesa di cui è patrona l’ effige di S. Barbara, opera splendida di cui si ignora l’ autore e la data. Per tutta la popolazione Amaronese, la chiesa Matrice e la Santa, rappresentano un collante sociale e religioso fondamentale.
 
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